La Mater Lacrimarum di Dario Argento, halloween, Ognissanti e due novembre

Tra tradizione e mode culturali
Tempo buio, tetro, scuro, cupo, è il tempo dei morti, della memoria, della ricordanza ma anche di streghe, esoterismo e di mistero. Il regista Dario Argento, quello dell’horror più forte, non poteva trovare data migliore per presentare il suo ultimo film “La terza madre”. Un’antica urna incatenata ad una bara viene rinvenuta per caso e dissotterrata da alcuni operai lungo la strada che limita il cimitero di Viterbo. L’urna contiene un’antichissima tunica e alcuni oggetti appartenenti a Mater Lacrimarum, la Terza Madre. Unica sopravvissuta delle Tre Madri, le tre potenti streghe che dalla notte dei tempi spargono terrore e morte, Mater Lacrimarum si nasconde da secoli a Roma. Il suo risveglio scatena una serie di eventi misteriosi e terribili: il Male torna ad oscurare la città. Sarah Mandy (Asia Argento), giovane studiosa di restauro e collaboratrice, oltre che compagna, di Michael Pierce, curatore del Museo di Arte Antica di Roma, viene coinvolta nell’escalation di violenza che si svolge ad un ritmo sempre più frenetico. Sarah cerca di sfuggire ma non può, è la Terza Madre ora che la cerca, Sarah non sa che sua madre Elisa era una potente strega bianca uccisa brutalmente da Mater Suspiriorum, la strega di Friburgo. Aiutata dallo spirito della madre, da un’importante studioso di esoterismo, Guglielmo De Witt, e dal Commissario Enzo Marchi, capisce che non può fuggire ma deve affrontare il pericolo… In questi giorni di fine ottobre anche per le strade calabresi è facile vedere negozi, pasticcerie e bar con le vetrine stracolme di oggetti, gadget e dolci tutti rigorosamente di colore arancio e tutti aventi come tematica halloween, la festa, esportata da alcuni anni dagli Stati Uniti, che pone le sue antiche radici nel periodo della civiltà celtica. Ricordando le strade di Manhattan in questi stessi giorni, alcuni anni fa, quando un nostro amico entrando in un negozio della Grande Mela ne uscì dopo aver speso ben duecento dollari di soli gadget dedicati alla festa di halloween. L’uomo si rese conto, dopo l’uscita e la spesa, di aver comprato oggetti molto vicini alla cultura calabrese tradizionale. Zucche sdentate, cappellacci neri, candele di cera colorata… Non tutti ricordano che proprio in questo periodo, alcuni anni fa, vi erano anche da noi delle tradizioni per la ricorrenza della festa di Ognissanti e per la celebrazione dei defunti straordinariamente simili alla festa di oltreoceano. Ultimi giorni di ottobre, uno e due di novembre, un periodo a cavallo tra due mesi per ricordare nella nostra tradizione Cattolica, nel nostro calendario, che è festa dedicata a tutti i Santi e a tutti i nostri predecessori che oggi non ci sono più. Nel vibonese, come in altre zone della Calabria, abbiamo dimenticato, da anni, molte abitudini, tradizioni e usanze, legate certamente alla festa di halloween originaria che ha sicuramente riferimenti diretti con la giornata di Ognissanti e con quella dei morti del 2 novembre. Anche da noi, in questo periodo, vi era l’usanza di mettere, a sera, sul tavolo di casa un piatto ricolmo di cibo, con un pezzo di pane e una bottiglia di vino, un boccale d’acqua ed anche un mazzo di carte da gioco. Tutto questo per rifocillare i defunti che proprio in questo periodo, secondo la credenza popolare, di notte, vagano nel mondo dei vivi. In alcuni paesi della provincia di Vibo e nella vicina confinante provincia di Reggio Calabria, si usava raccogliere la cera che si scioglieva sulle lapidi dei cimiteri dai lumini votivi. Questa cera recuperata veniva fusa in delle forme, costruite con la canna, o in altri contenitori vegetali, cipolle, peperoni o piccole zucche, con un nuovo stoppino posizionato all’interno. Queste vecchie-nuove candele riciclate venivano poi utilizzate nelle “sere dei morti”, tra ottobre e novembre. Si girava per le strade del paese, si bussava alle case dei compaesani per chiedere qualcosa per i “beniditti morti”. In cambio si ricevevano dolciumi, qualche monetina o, molto più spesso, giuggiole, corbezzoli, sorbi, fichi secchi, castagne bollite, noci e nocciole. Altra usanza diffusa, tutta calabrese, era quella di andare in giro con delle grosse zucche svuotate e intagliate a forma di cranio sdentato, illuminate da una candela posizionata all’interno. Queste zucche dette “teste di morto” legano perfettamente e simbolicamente la nostra cultura tradizionale a quella di halloween e all’antichissima memoria celtica. Si andava in strada a raccogliere piccoli regali di parenti, amici e conoscenti, sempre in nome dei benedetti morti e successivamente si posizionavano le “zucche-teste di morti” sulle finestre delle proprie case, per illuminare, con la loro luce fioca, le notti più buie dell’anno. Sempre in Calabria, in questi giorni, è ancora oggi facile assaporare un particolare dolce bicolore dall’intenso profumo, confezionato con pasta di cannella, denominato proprio “ossa di morti”. Sono i dolci della devozione e del ricordo, sono elementi di una vera e propria alimentazione della memoria e dell’anima che ci permettono di recuperare le tradizioni più arcaiche, quelle che detengono la nostra identità culturale.

Franco Vallone

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