Antonio Matera, pittore scultore filosofo naif ed anche di sinistra

Si chiama Antonio Matera l’artista filosofo naif che vive nelle campagne assolate della Briatico Vecchia più arcaica, a poche centinaia di metri dall’antico borgo distrutto dal terremoto del 1783. Matera è il residente di Briatico più isolato per abitazione di tutto il comune, la sua casa è costruita in una vallata, tra secolari alberi d’ulivo, in un frutteto di quelli più completi e biologici, tra aranceti, alberi di pompelmi, pesche merendelle, albicocche, melograni, limoni e banani che d’inverno si seccano per il gelo e in primavera riprendono a vivere come per incanto.
La sua arte spontanea di pittore e scultore nasce qui, tra queste terre sapientemente coltivate, accanto ad ogni specie d’animale. Prima allevamenti con un cavallo pony, maiali, oche, tacchini, papere, mucche ed “oggi solo galline, cani, topi e gatti”, sottolinea sua moglie Elisabeth… “I calabroni, le vespe li evitiamo con trappole pensili contenenti una soluzione d’acqua, aceto e zucchero…”. Antonio Matera, classe 1951, collocazione politica molto, ma molto a sinistra, vive con sua moglie Frauke Elisabeth Krieger, tedesca di Heidelberg, paese poco lontano da Stoccarda. Elisabeth è figlia di medico tedesco, trapiantata in Calabria nel 1983, innamorata di Antonio e della filosofia di vita di Antonio, che è calabrese, figlio di calabresi di Briatico. Dalla casa sperduta di Antonio ed Elisabeth, nell’isolata vallata di contrada Gatto, da sempre non si vedeva il mare, poi grazie, o per colpa, dell’opera di scavo nelle cave della Cemensud, la vallata di fronte ha cambiato completamente orografia. Casa Matera, e la sua contrada Gatto, oggi ha anche una bella vista panoramica sul mare della Costa degli Dei ed è cambiata pure la ventilazione sulle coltivazioni. Ma questi sono solo piccoli graffi dell’uomo sulla terra, fortunatamente dopo l’opera di sfruttamento e d’estrazione, il cementificio bonifica la vallata con riporti di terra e piantando giovani ulivi.


Tre figli, due maschi ed una femmina, Antonio Matera inizia da tempo a dipingere i suoi mille gatti colorati di contrada Gatto su vecchie antiche tegole delle dirupate case di campagna, su tavole di nodoso legno, su tutto, poi inizia ad impastare l’argilla che scivola dalle stratigrafie della contrada, inizia a fare delle bellissime opere, ma si accorge anche che con l’argilla, con la terra, quando si sbaglia si può correggere, rimpastare, rifare. Invece lui desidera altro, vuole tirare fuori, le forme che pensa, dal di dentro della materia utilizzata ed allora cambia proprio materia, scolpisce le grandi pietre arenarie, il calcare, i sassi della sua terra. Dalla scultura in pietra Antonio Matera passa poi a lavorare la radica d’ulivo, difficile e durissima, anche questa sotterranea, intima. Dalle radici dei secolari ulivi di Gatto fa uscire sculture raffinatissime, opere uniche che raffigurano polene di navi antiche, nudi di donne, Cristo nelle sue espressioni più forti della Passione, nel misto di sofferenza, sopportazione e contemplazione, espressività di volti sempre in tensione.

C’è stato pure il tentativo di scolpire il sapone di casa, quello fatto con l’olio d’oliva vecchio e la soda caustica, ed i risultati anche quì eccezionali, “ma le sculture purtroppo - ci confida Antonio - sono state recentemente mangiate dai topi”. Bassorilievi, altorilievi, sculture a tutto tondo, levigate, lucidate, trattate e protette semplicemente con gomma lacca diluita al sole con un risultato finale passionale, intimo, con le sculture dai colori e dalle mille tonalità calde dell’ambra.

Franco Vallone

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