Ecco come la Calabria spende i soldi della UE: Truffa da 75 milioni, 56 indagati a Cosenza

Cosenza. Terremoto finanziario in provincia di Cosenza, dove la guardia di finanza ha scoperto una maxi truffa da oltre 75 milioni di euro ai danni dell'Unione europea. Cinquantasei persone risultano indagate. Ventuno le misure cautelari, sei eseguite in provincia di Piacenza, tra cui undici arresti in carcere; per dieci persone è stato invece disposto il divieto di abbandonare il comune di residenza. Coinvolti anche tre funzionari delle banche concessionarie del ministero dello Sviluppo economico. L'inchiesta ha messo in luce un'organizzazione composta da insospettabili colletti bianchi, costituita per consentire soprattutto a imprenditori di percepire ingenti somme di denaro. Alle imprese venivano forniti dei veri e propri "pacchetti truffaldini chiavi in mano". L'indagine, denominata Sparkling, è stata condotta dalla procura di Cosenza. Centinaia le intercettazioni telefoniche e gli appostamenti. Sotto la lente delle fiamme gialle, i finanziamenti previsti dalla legge 488/92 e le pratiche curate da due studi di consulenza, entrambi con sede a Cosenza. La Gdf ha sequestrato beni per oltre 50 milioni di euro. Sequestrate somme di denaro per circa 5 milioni di euro; e oltre cento immobili tra appartamenti, ville, terreni, strutture commerciali, tutti nella disponibilità dei soggetti colpiti dalle misure cautelari. Gli indagati dovranno rispondere, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla frode ai danni dello Stato e dell'Ue, di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, malversazione ai danni dello Stato, concussione, rivelazione di segreti d'ufficio, omessa denuncia da parte di incaricato di pubblico servizio, falso ideologico e materiale in atto pubblico, favoreggiamento personale ed emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. I finanzieri hanno scoperto un mercato dei servizi illegali, la cui struttura faceva capo ai due studi di consulenza. L'organizzazione, infatti, forniva una sorta di assistenza globale, soprattutto per le frodi, a favore dei singoli percettori. Le anomalie nei finanziamenti pubblici ex legge 488/92 erano state evidenziate, nel dicembre 2007, dalla commissione parlamentare Antimafia. Il procuratore aggiunto, Emilio Ledonne, rilevò come la quasi totalità dei finanziamenti passasse proprio da Cosenza, attraverso pochissimi studi professionali. Da qui è partita l'indagine. Il ruolo dei funzionari delle banche concessionarie del ministero, incaricati di verificare l'esattezza delle richieste, in presenza di documentazione mendace presentata dalle imprese clienti dello studio Marini, secondo l'inchiesta, omettevano di accertare le irregolarità documentali. I consulenti esterni delle banche concessionarie, insomma, esaminavano le domande, eseguivano i collaudi finali "ammorbiditi", omettendo spesso di accertare irregolarità nell'uso dei fondi; tra cui la mancata installazione o messa in funzione di macchinari comprati con soldi pubblici. Anche diversi dipendenti di enti locali, che si occupavano di sponsorizzare le prestazioni professionali dello studio Marini, svolgevano un ruolo attivo di agevolazione amministrativo/burocratica per i clienti dello studio. Con false fatture e altri documenti non veritieri le imprese beneficiarie dei contributi europei spesso documentavano spese per realizzare i programmi di investimento agevolato nettamente superiori a quelle sostenute; oppure attestavano apporti di mezzi propri da parte dei soci (come previsto dai decreti di concessione delle agevolazioni) in realtà mai realizzati. Secondo la guardia di finanza, i legali rappresentanti delle imprese venivano opportunamente "consigliati" dai consulenti indagati e agevolati dalla complicità di fornitori compiacenti.
Fonte: Apcom

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