Umile e discreta testimone della sofferenza cristiana

Umile e discreta testimone della sofferenza cristiana. Senza pubblicità sui giornali, lontana dalle telecamere e dai rotocalchi. Non vuole che venga mostrato il suo volto, sempre e costantemente roseo, sereno, carico di un misticismo che sa d’accettazione per quel che nella Settimana di Passione le accade. Vive in un paese del Vibonese, in una casa dignitosa ed accogliente nella sua modestia, meta silente, ogni anno, già da oltre un ventennio, di fedeli in pellegrinaggio. Ogni Pasqua di più: prima decine, poi centinaia, ora migliaia. Da ogni interstizio della Calabria, e anche oltre.
Lei non parla, e chiede che di lei non si parli. Chiede che non si scriva il suo nome, né quello del luogo in cui vive. Del suo caso si era interessato anche Piero Vigorelli, giornalista e grande studioso della vita di Natuzza Evolo, per “Vite straordinarie”. Lei, la nuova mistica, si rifiutò, però, di firmare la liberatoria. Ma la voce dilaga, si spande. E chi sa, oggi, bussa alla porta della sua dimora, per vedere e baciare le sue stimmate. Chiunque viene accolto, purché animato da fede cristiana. Tra i pellegrini anche fotografi, cineoperatori, medici, psicologi, giornalisti e sacerdoti, che diventano così testimoni della sua sofferenza, intima ma visibile, collettiva, tangibile anche attraverso i segni che si manifestano ritualmente sulle sue mani e sul suo corpo.
E’ una donna normale, di sessantunanni, sposa normale, madre normale, detentrice umana, una volta l’anno, di lacerazioni - allo stato inspiegabili - che richiamano la simbologia cristiana: croci, grani di rosario e altri disegni sacri si materializzano sulla sua pelle attraverso rivoli di sangue. La sua rituale estasi della passione, con la puntualità di un orologio biologico, si manifesta ogni Venerdì Santo alle ore 15.00, così come le sacre scritture riportano della morte del Cristo. Dopo lunghi, intensi minuti di uno stato di coscienza simile alla morte, dove si ritrova a condividere, nei territori del Golgota, insieme all'Addolorata e alla Maddalena, la condizione di dolore per il Martirio del Dio umano si rianima molto lentamente e racconta a tutti i presenti, con voce flebile e stanca, del suo viaggio, delle sue visioni, dei suoi incontri estatici, dei messaggi ricevuti, dei luoghi e dei templi del sacro visitati. Poi, pian piano, si riprende, riacquista le forze e a sera riprende la vita di sempre con i suoi rituali processionali della Settimana Santa, i suoi canti nelle processioni dietro icononografie sacre, i santi, il Cristo e le madonne ammantate di nero, le messe e la sua cristianità di sempre. Rifugge dall’autoreferenzialità e sceglie la via dell’umiltà, non offre consigli ma accoglienza. Chiede fede in Dio, non devozione a se stessa.
La Chiesa, dal canto suo, sa. La Diocesi di Mileto, Nicotera e Tropea, forse segue già con attenzione la nuova mistica, che vive in un territorio impregnato di fede e devozione, nel ricordo imperituro di Natuzza Evolo, «l’umile verme della terra» il cui trascendentale mistero la scienza non è mai riuscita a spiegare. Mamma Natuzza è scomparsa il giorno di Ognissanti, lasciando un vuoto incolmabile in una fiumana di fedeli, parte dei quali, oggi, riscopre un anfratto di spiritualità nel quale trovare ristoro per l’anima e la fede. Lei non è Natuzza, non vuole esserlo, così si chiude nella sua modestia e nel silenzio di un’anonimato che solo la Chiesa, riconoscendone il mistero, potrà svelare.
Franco Vallone

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