Il futuro dei centri storici albanofoni

Mëma e sërith çimiter ……….e kisë lëk!

Il nucleo consolidato nei secoli di luoghi ove gli uomini si riducono a stare insieme, costituisce la componente essenziale del patrimonio culturale dei nostri paesi e ad essi si deve il contributo più determinante, all'identità dei centri albanofoni.
Questa consapevolezza generalmente diffusa, così come la conseguente esigenza di tutela degli insediamenti storici, conservati perché lì si vuole ancora stare insieme oggi.
In linea di principio la richiesta conservativa si pone con le medesime ragioni così per il centro storico della grande città come per i centri minori, stretto dentro le espansioni, invaso dall'edilizia di brutta periferia, che gli fa perdere la sua forma e non consente più di ridisegnarne i vecchi confini.
Nello specifico dei paesi albanofoni non mantengono intatto il rapporto con il circostante ambiente, ne conserva il ruolo di caposaldo paesaggistico nelle molteplici prospettive; soffrono dell'abbandono indotto dalle radicali trasformazioni dell'economia agricola di cui era stata per secoli la diretta espressione.
Animare il dibattito sul senso del centro storico come organismo insediativo unitario, come unico monumento appunto, che è sede di vita collettiva e al mantenimento delle condizioni di vita, è legata la sua conservazione e la sua sopravvivenza.
Restauro e risanamento conservativo delle strutture fisiche edili e della morfologia urbana assieme al recupero delle tradizionali funzioni che alimentavano la loro sopravivenza.
Negare all'architettura moderna l'idoneità a intervenire nei contesti storici non implica un pregiudizio nei suoi confronti, ma al contrario, quella negazione si fonda sul riconoscimento dei più autentici valori dell'architettura di oggi che sono di rottura della tradizione e che la rendono perciò incompatibile con il principio di spazialità prospettica al quale obbediva l'architettura del passato.
È la coscienza storica del passato, che ci impone di rispettare la spazialità dei centri storici e di rifiutare la reciproca contaminazione tra i modi tradizionali di costruire e gli stilemi dell'architettura contemporanea.
Insomma la conservazione dei centri storici è la vera innovazione, siamo moderni perché rifiutiamo di comportarci come era legittimo nel passato.
E' moderna la concezione del centro storico come organismo complesso che non è fatto soltanto della successione delle singole architetture e deve la sua unità all'integrazione degli elementi compositivi di diversa natura, valendo gli spazi inedificati (siano strade, piazze orti e giardini) quanto le strutture costruite.
Ed è moderna la conservazione, del risanamento conservativo, non solo del singolo edificio ma del complessivo organismo urbano.
Il rapporto tra antico e moderno nella città si pone per incompatibili accostamenti, perché il risanamento dei centri storici e la costruzione della città moderna sono operazioni diverse nel metodo, essendo la vitalità dell'insediamento storico direttamente condizionata dalla corretta organizzazione e delle rispettive funzioni, con i relativi servizi e le funzioni della centralità tradizionale, agli architetti di oggi è affidato il compito arduo, che ancora attende di essere adempiuto e di riscattare i più recenti insediamenti urbani.
Perché è nell'urbanistica la condizione essenziale della tutela dei centri storici che la legge del 1967 (la prima incisiva riforma della legge urbanistica del 1942) prescrive di registrare e perimetrare nei piani regolatori e di disciplinare secondo criteri prevalentemente conservativi che si adegui ai materiali e sistemi costruttivi che li caratterizzano.
Il Codice dei beni culturali e del paesaggio (approvato nel 2004 e vagliato in due consecutive ripassi 2006 e 2008) conferma quanto già era acquisito nel vigore della precedente normativa e cioè che il centro storico può essere oggetto di tutela paesaggistica nel rapporto con il contesto ambientale di cui costituisce un polo visivo, ma essi esigono una tutela ben penetrante, oltre il profilo paesaggistico, che recuperi funzioni analoghe, innanzitutto di stabile residenza, a quelle per le quali quei centri furono costituiti.
Indicazioni specifiche nel percorso dell'autostrada A3, relativo al tratto che attraversa i paesi albanofoni di Calabria Citra.
Indicazioni di quattro itinerari etnici ben definiti, con appropriata cartellonistica stradale.
Realizzare punti di accoglienza mirata, quali: l'albergo diffuso, museo delle tradizioni e dei mestieri, musei multimediali interattivi, reti wireless all'interno del centro storico, nominativi della gjitonie, tali che possano invogliare i visitatori a intrattenersi negli scenari dalle innumerevoli leggende che avvolgono ogni gjitonia albanofona.
Sia dichiarato l'interesse culturale all'intero centro storico dei paesi minoritari arbërëshe, il cui recupero, associato a sistemi itineranti multimediali, possano interagire con il visitatore che, fornito di PC, apprende la storia di quella determinata gjitonia, le eccellenze che la distinguevano in campo artistico, conserviero gastronomico, enologico, tessile, sartoriale etnico e culinario; allargando il sistema ai paesi della comunità albanofona dei quattro itinerari, fornendo così in tempo reale comparazioni e informazioni storiografiche, delle innumerevoli eccellenze.
Arch. Atanasio Pizzi

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