Badolato, borgo dai mille volti tra mare, monti e collina

Il paradiso all’improvviso, avrebbe detto Pieraccioni se fosse passato da quelle parti. Per scelta o per caso. Come succede a chiunque, almeno una volta nella vita. Con condizionamenti dai risvolti più o meno imprevedibili, più o meno felici. A tre scrittrici statunitensi è andata bene. Nel senso che si sono innamorate del luogo ed hanno deciso di farne la loro residenza d’elezione. Una specie di base operativa per intellettuali di ogni parte del mondo. Questo piuttosto di recente, ma Badolato ha manifestato la sua vocazione internazionale in tempi non sospetti; difatti, quando ancora non si parlava di globalizzazione, divenne luogo di accoglienza per centinaia e centinaia di curdi, sfuggiti alla persecuzione di turchi e iracheni. Uomini, donne, vecchi e bambini si trovarono nell’impellente necessità di trovare rifugio in un paese senza pregiudizi razziali, condizionamenti religiosi, insofferenze etniche. Insomma, un paese amico. Lo trovarono in Calabria.
L’allora sindaco del piccolo Borgo della provincia catanzarese, Gerardo Mannello, non esitò a coinvolgere amministrazione e popolazione in una gara di solidarietà senza precedenti. Chiese ed ottenne, dai suoi concittadini, l’offerta di case chiuse, nel senso di disabitate, per carità!, da offrire ai nuovi arrivati. La disponibilità della collettività fu immediata e generosissima. A fronte dei 20 alloggi richiesti, ne arrivarono 200. L’ospitalità coinvolse tutti, con scambi di vedute e di idee, con progetti di vita e promesse di occupazione. La provocazione avanzata nel 1986 con la messa in vendita dell’intero centro abitato, magari a gruppi di tedeschi, intenzionati a trasformare gli spazi in residenze turistico-vacanziere, aveva avuto valenza politica rilevante. Come il no secco a speculazioni edilizie di breve, medio e lungo raggio. Sì, invece, a necessità umane con poche prospettive di risvolti economici all’orizzonte e tante esigenze improrogabili. Ad esempio, la comprensione tra gente simile e diversa nello stesso tempo, espressa a gesti e sorrisi, a monosillabi e graffiti sommari. Tra abitanti ed ospiti, lungo le vie strette e concentriche dell’originaria struttura urbanistica, il sodalizio crebbe di giorno in giorno. Carrette del mare portarono altri disperati sulle coste di Soverato e Guardavalle. Badolato accettò i nuovi arrivati e li sistemò all’interno di un programma a partecipazione statale, denominato “ O focularu, the home project”, premiato da Kofi Annan. La grande accoglienza si concretizzò il 31 dicembre del 1998, con balli, canti e abbracci tra curdi, etiopi, badolatesi e congolesi. Ormai la voce si era sparsa e chiunque avesse aspirato ad avere un tetto sopra la testa, in mancanza d’altro, fece riferimento al «lato ampio dalla realtà nascosta». Potenza dell’etimologia: questo è il significato della parola Badolato! Appuntamento, dunque, sotto le stelle, per festeggiare in piena libertà e nel pieno rispetto delle proprie diversità, Capodanno, Ramadan e Newroz.

A farla da padroni, nella piazza grande del paese, di giorno erano i bambini, coinvolti in giochi chiassosi e spericolati, con i loro coetanei venuti da lontano. L’allegria regnava sovrana tra fontanelle a portata di bocche assetate e panchine occupate dagli anziani, fermi a guardare. Aumentò l’andirivieni di giornalisti armati di taccuino e penna; di operatori con cineprese in spalla e macchine fotografiche al collo; di curiosi, pronti a cogliere gli aspetti del borgo, uscito da silenzi millenari per acquisire fama attraverso giornali, dibattiti, trasmissioni radiofoniche e televisive ovunque nel mondo. Colpo di vita impareggiabile, con usi e costumi da integrare, ma anche con forza di volontà e coraggio, del resto dimostrati nella fuga e nella ricerca di una vita migliore dagli emigranti in ogni tempo. Badolato ha tanti suoi figli sparsi per il mondo. Negli anni ’60 e ’70 fu più massiccio il fenomeno del ritorno di prima e seconda generazione. Dopo non più: da qui la decisione lodevolissima di aprire le porte ai fratelli venuti da Asia e Africa, in nome della fratellanza tra popoli, facile da predicare quando manca l’occasione di praticarla.
Tra le attività avviate dai “ forestieri”, poche ebbero vita lunga, anche se il khebab servito al ristorante “Ararat” , con tanto di peperoncino incorporato, continuava a registrare presenze, per effetto sorpresa. Sapere e sapore costituirono un bel binomio per gli avventori, mentre il lavoro conservava inalterata la dignità delle persone. Ci fu chi aprì una macelleria, chi si sedette a tessere al telaio, chi si dedicò all’arte della ceramica, chi si occupò nell’oneroso lavoro dei campi. L’insicurezza portò alla ricerca di certezze fuori dalle antiche mura, costruite nell’anno 1080. Lo Jonio a perdita d’occhio dal Belvedere, portò pensieri lontani, carichi soprattutto di rimpianti e nostalgia. La passeggiata verso il Santuario della Sanità mise a contatto con la bella realtà, realizzata dai ragazzi di Mondo X, in anni e anni di dura applicazione, per riportare all’antico splendore il complesso del 1198. La maggior parte dei giovani manifestò sin da subito l’intenzione di partire per altri lidi, con meta preferita la Germania, dove marchi e lavoro attraevano più di una calamita ferrosa.
Del gruppo originario, formato dalle 858 persone sbarcate dall’Ararat il 27 dicembre ‘97, oggi non c’è più nessuno, ma si respira ugualmente aria internazionale, nelle 80 case acquistate da austriaci, milanesi, napoletani e tedeschi per le vacanze. Idem con educational tour -press organizzati a scopo turistico-informativo. Chi sceglie di rimanere è in minoranza, ma ha idee chiare sul da farsi. Prendiamo le rappresentanti del gentil sesso, alle quali si accennava in apertura. Sono scrittrici ed imprenditrici di chiara fama. L’anima del trio è Isabella Montwright, la quale parla bene l’italiano e fa da interprete a Kathryn Falk e Jude Deveraux, entusiaste di essere via dalla pazza folla. Ma cosa c’è di tanto buono sul cucuzzolo, che pare fatto apposta per l’ambientazione del presepe?
Aria salubre, tanto per incominciare, pace e tranquillità, cordialità della gente. Non ultimi, cibo genuino e buona cucina. Niente male per chi ha respirato dalla nascita lo smog di Manhattan, (Kathryn) , il rigore del Quebec ( Jude), e la monotonia del North Caroline( Isabella). Procedendo a passo moderato, ci si trova nei gironi per nulla infernali ma concentrici, diretti in cima alla collina, testimoni espliciti dell’impianto fortificato per motivi di sicurezza quando i saraceni approdavano in Calabria con intenzioni affatto pacifiche. La Torre di guardia, costruita nel ‘500 fuori dalle antiche mura, è piuttosto diroccata, mentre resistono a dovere le dimore utilizzate come residenze di campagna. Villa Pietra Nera dei Gallelli, è un esempio lampante, come del resto i palazzi baronali degli Scoppa, e dei Paparo. Nel cuore del Borgo, le strutture gentilizie si alternano a caseggiati più sobri e modesti, dove porte aperte o sprangate, ricordano storie di lotte intestine di casta e di classe.

Badolato non è un paese qualsiasi. Fondato per volontà di Roberto il Guiscardo, offre testimonianze integre dell’importanza che ebbe in epoche remote, quando erano insufficiente le dita delle mani per la conta dei luoghi di culto: una dozzina, edificate tra 1198 e 1728, in onore di Santi (Nicola, Caterina, Domenico, Rocco), Gesù Salvatore, Provvidenza, Maria Immacolata, in Crignetto e Annunziata. Di alcuni complessi conventuali si parla tra le pagine di libri custoditi in archivi ecclesiastici. Altri si offrono intatti agli occhi di fedeli e visitatori. Nel clima di simpatia che intercorre tra uguali e diversi, si pongono i 3500 residenti nel novero architettonico di 2366 case, 80 delle quali appartengono a cittadini acquisiti, come si accennava poc’anzi. Un autentico villaggio globale, che consente di vivere vantaggi in 3 dimensioni: mare, monti e collina. Soprattutto in estate, quando gli appuntamenti culturali si susseguono a ritmo serrato. Nella realtà paesana, vecchia di mille e più anni d’età, emerge “Tarantella power”, rassegna agostana con Piero Pelù e Bono in primo piano. L’ex dei Litfiba dice di aver sentito un’attrazione fatale per il vecchio Borgo. Così vi ha comprato casa. Può darsi che la sua decisione faccia da cassa di risonanza su altri personaggi di cultura, arte e spettacolo, amanti della vita slow, a misura d’uomo. Non solo food, dunque, ma anche rilassanti passeggiate ecologiche in aperta campagna; audaci scarpinate in colline e montagne circostanti; corse in bicicletta nella zona pianeggiante della marina o in mountaine bike, tra guadi, gole e cascate del torrente Gallipari; tuffi, in estate, nelle acque azzurrissime premiate con tre vele da Mare blu; corse a perdifiato su chilometri di sabbia bianca e finissima che pare cipria. Il valore dell’accoglienza, posto sempre in primo piano, è occasione di vita gioviale e produttiva in ogni momento culturale. Come in una fucina di idee, progetti e speranze, ciascuno s’impegna per la riuscita di eventi e manifestazioni: Summer festival, Strabadolato, Beach soccer, Non solo moda, Cunfrunta, Ecologica, ecc.

Per l’abitato a sette chilometri di distanza, allineato lungo la litoranea 106, il distacco dalla base patria, collocata a 240 metri di altezza sul livello del mare, è stato lento, progressivo, graduale. Si ripercorre la via del ritorno, per programmi stilati in ogni stagione dell’anno. Culturalmente vivace, è la Radice. L’associazione di appassionati cultori di tradizioni popolari, va per la maggiore. Fungono da attrattiva anche i premi letterari, cari ad Antonio Newiller, Italo Moretti ed al maestro Caporale, autentica voce istituzionale badolatese.
Del Principe di Toraldo, patrizio di vecchio lignaggio, distintosi nella Battaglia di Lepanto nel 1571, resta l’omonimo ristorante, affacciato sulla Riviera di Nausica. Altri ritrovi ben frequentati sono la Botte, il Fosso ed il Bar degli Artisti. Wim Wenders, dopo Paris- Texas, ha scelto Riace- Badolato per girare “Il volo” con Ben Gazzarra, sulla realtà dei rifugiati politici.
Altre prospettive appaiono sullo sfondo di Palazzo dei Mandorli e Villa Barrow, edificate in stile medievale e liberty su progetto dell’architetto Pasquale Fiorenza. Tra gli illustri ospiti si contano Vito Teti, Patrizia Tallarico e Heather Graham. Gli appuntamenti a teatro sono curati dalla Compagnia delle Tre Torri.
Il senso dei luoghi, non più abbandonati della Calabria, cresce nella considerazione delle Confraternite, che gestiscono attivamente chiese e conventi per la gioia di fedeli e turisti.
Emma Viscomi

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