Il Tesoretto di Soverato

Correva l’anno 1915 quando in località Sopralupo di Soverato, un colpo di vanga provvidamente assestato da Giovanni Maida, rivelò la presenza del vaso di terracotta che aveva custodito, per secoli e secoli, 32 monete d’argento di età ellenistica.
Il contadino, ragionevolmente compreso nell’emozione del momento, coltivò l’idea di avere tra le mani un piccolo tesoro. Poiché non sapeva né leggere né scrivere, si consultò subito con un dotto del paese. Successivamente incaricò il figlio Giacomo di stabilire contatti con chi di dovere per trarre profitto dall’insolita scoperta. Il giovane, calzolaio per mestiere e consigliere comunale per passione, mise da parte suole e tacchi, prese carta, penna e calamaio e scrisse alla Soprintendenza Calabra per gli Scavi di Reggio Calabria. La risposta ai quesiti posti arrivò puntuale con dovizia di spiegazioni nei particolari. La firma in calce era del direttore, «signore illuminato», inviato nella Città dello Stretto, dal Governo centrale di Roma capitale. Rispondeva al nome di Paolo Orsi. Cominciò così lo scambio epistolare tra lo scrivano soveratese, scolarizzato dalla frequenza alle classi elementari, ed il grande nume tutelare dell’Archeologia meridionale. A fare da tramite tra i corrispondenti, furono i Carabinieri del Regno d’Italia, incaricati di eseguire indagini sulla quantità dei pezzi ritrovati, da esaminare negli uffici reggini, unitamente al vaso, purtroppo ormai irrimediabilmente ridotto in cocci, e a consegnare, a contenzioso risolto, il premio spettante al fortunato scopritore, precedentemente invitato ad esprimere, in piena libertà e consapevolezza, la propria volontà di scelta tra i lotti indicati.
Tra il Maida, che giustamente reclamava i suoi diritti e il Sovrintendente che altrettanto giustamente si dichiarava pronto a soddisfare ogni richiesta, purché sancita a rigor di legge, si mise a fare da terzo incomodo Costantino Chiefari, con pretese e testimonianze considerate fuori tempo e fuori luogo e quindi definitivamente respinte con prove documentate. Il carteggio che ne seguì, fu essenziale, inalienabile nel dipanare l’intrinseca questione attorno all’oggetto del contendere. Ora è tra le pagine del libro intitolato Il tesoretto di Soverato nei documenti di Paolo Orsi, pubblicato da Calabria Letteraria Editrice. Il testo, curato da Angela Maida ed Eliana Iorfida, ha avuto lunga e meticolosa gestazione: sei anni di appassionato lavoro, portato a compimento anche da Raffaele Riverso, grazie all’intervento finanziario dell’Amministrazione comunale di Soverato, che ha dato ancora una volta prova di apertura e sensibilità verso la cultura e la valorizzazione territoriale, nella persona del sindaco Raffaele Mancini e dell’assessore Salvatore Riccio.
Alla realizzazione del progetto ha contributo la dottoressa Simonetta Bonomi della Soprintendenza ai Beni Culturali della Regione. La pubblicazione, presentata nella sala conferenze dell’Acquario di Soverato, con tavole esplicative e di completamento, vuole essere un omaggio alla significativa figura di Paolo Orsi, primo sovrintendente della Calabria e ideatore del Museo Nazionale della Magna Grecia, nel 150.mo anniversario della nascita. La raccolta dei documenti è uno spaccato di interessi soggettivi individuali nell’ambito storico della scoperta, ridotta quanto si vuole nelle dimensioni, ma non per questo meno importante nel concetto, di per sé universale, come testimonianza oggettiva di insediamenti abitativi risalenti al periodo che va tra IV e I secolo a.C. nel circondario di Soverato, documentati anche in altre sedi e altri modi.
Già nel 1979, l’allora sovrintendente Elena Lattanzi, riferendosi all’area di Mortara, parlava di
« contesto di eccezionale interesse » da tenere sotto controllo. Ancora prima, esattamente nel 1926, il professore Salvatore Marino Mazzara, funzionario della Soprintendenza, suggeriva di considerare archeologica la stessa e di estendere la massima attenzione anche alle attigue Spina Santa e Mangiafico, per evidenti tracce nel sottosuolo e per reperti venuti alla luce casualmente. Andando ancora indietro nel tempo, si approda ai primi decenni del ’900 con numerosi ma meno noti rinvenimenti, attestati da Vincenzo Sangiuliano, direttore delle Scuole Professionali Marittime. A don Gnolfo e Domenico Caminiti sono riconosciuti altri meriti, essendo stati autori di scoperte e studi approfonditi tra il 1971 ed il 1984.
Il tesoretto in questione è dunque argomento di interesse e attualità . Lo studio delle monete è condotto con rigore scientifico dall’archeologo Alfredo Ruga. In rilievo su di esse, spiccano animali reali e figure mitologiche. Si tratta di aquile, chimere, pegasi, eccetera, comuni alla numismatica di Taranto, Velia, Metaponto, Kroton e Locri, polis con diritto di battere moneta. Il saggio, inserito nel testo e presentato da Manuela Alessia Pisano, guida alla conoscenza di Paolo Orsi, intento a tessere, in tempi non sospetti, i presupposti per la rivalutazione, conoscenza e tutela del patrimonio da ricercare nei siti compresi tra Pollino e Stretto di Messina. L’esposizione dei contenuti, la puntigliosità del linguaggio sono note di colore aggiunte al coraggio manifestato da Giovanni Maida nel contrapporsi all’autorità, rappresentata nello specifico dall’illustre Archeologo di Rovereto. La diatriba sul merito della scoperta e l’assegnazione del premio di riconoscimento arrivò a termine, con buona pace di tutti i contendenti, sulla base dei principi stabiliti dallo Stato, detentore del bene e contemporaneamente debitore nei confronti dell’occasionale scopritore. La tradizione orale fece il resto con fantasticherie alimentate dalla viva voce dei concittadini soveratesi, i quali, 95 anni dopo il ritrovamento, avranno l’opportunità di ammirare tutte e 32 le monete ritrovate. Dove? Nelle sale espositive del Museo Scolacium di Roccelletta di Borgia, diretto dalla dottoressa Maria Teresa Iannelli. Per la prima volta, saranno finalmente visibili, in luogo appropriato, certamente consono alla storia di tutto il circondario, entrambi i lotti: uno messo a disposizione dalla Sezione Numismatica del Museo di Reggio, e l’altro gentilmente concesso dal privato, attuale proprietario della quota parte, ricevuta per il ritrovamento, e successivamente acquisita. L’appuntamento è dalla seconda metà di dicembre al 18 gennaio 2011. Adesso l’auspicio è di andare avanti, con interventi programmati e sistemici. Urge, ad esempio, la realizzazione di apposite carte attingendo ad archivi storici e materiale bibliografico. Attraverso l’azione congiunta di assessori locali, provinciali e regionali, possono essere raggiunti, in luoghi che hanno portato alla luce sepolcri e corredi funerari, altri ambiziosi risultati, sotto l’egida della Soprintendenza e con il contributo fattivo del Gruppo archeologico intitolato a Paolo Orsi , fondato nel 2005 da Angela Maida, che lo dirige tuttora.
Allora i volenterosi si definivano amici ed erano in pochi. Tra viaggi culturali, scavi entusiasmanti e ricerche appassionate, in 5 anni, sono diventati 50 soci.
Emma Viscomi

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