Mino Reitano sempre presente nel cuore della gente

L’eterno ragazzo di Fiumara, nonostante i 64 anni, spiccati verso i 65 e diventati immutabili nell’eternità, è sempre presente nella mente della gente. Al teatro Fellini di Rozzano, in provincia di Milano, tempo fa, fu allestito uno spettacolo di tutto rispetto, come si conviene per un figlio famoso del sud d’Italia. Il rilievo fu dato dalla semplicità degli schemi, dalla successione logica del racconto di vita in chiave di violino, strumento suonato a meraviglia dalle mani di Mino, allievo al Conservatorio di Reggio Calabria in tenera età, diplomato presso lo stesso quando non indossava più i calzoni corti ed era nota la partecipazione sua e dei fratelli alle spese di casa, in corale trasporto d’altri tempi. Ottima fattura, se così si può dire, dello spettacolo dunque a più voci, idoneo a riproporre successi mai dimenticati in due ore circa di piacevole ascolto e applausi assicurati. Lo scopo degli organizzatori fu palese: ritrovarsi insieme, artisti e spettatori, lungo il percorso artistico del cantante, senza trascurare l’aspetto umano del ragazzo, sul finire degli anni ’60, e dell’ uomo adulto, in quelli successivi. La maturazione sulla scena rispettò la realtà della carriera, esplosa sulla base del talento naturale, coltivato davanti allo specchio d’acqua dello Stretto, esportato in Europa, con lunga permanenza in Germania e frequentazione, in tempi non sospetti, degli Scarafaggi inglesi, tradotti in Beatles, prima ancora che Michelle, Yesterday, Let be fossero cantate in ogni continente. Nella Città della Fata Morgana, il complesso di Beniamino e i suoi fratelli suonava quando ancora non si era concretizzata l’idea di andare a sbarcare il lunario altrove. Per i calabresi, l’emigrazione è una professione, necessaria e sofferta, con un unico pensiero fisso: tornare a casa nel più breve tempo possibile. Idem per i Reitano. Insieme intrapresero un cammino che li portò in giro per il mondo, con molti rientri, soprattutto estivi, per manifestazioni varie e feste di piazza, gremite fino all’inverosimile da chi desiderava ascoltare la viva voce del giovane nato in quel di Fiumara e considerato, a ragion veduta, idolo locale di ogni paese.Uno sceneggiatore accorto non avrebbe potuto scrivere trama migliore da affidare alla direzione di un regista delicato e sensibile. Con Mino, stettero alla ribalta i suoi fratelli e non per meriti inferiori. Soltanto con compiti diversi, per il bene comune, concretizzato in belle canzoni, grandi successi e pane assicurato anche per seconda e terza generazione. Ed ecco i musicisti Reitano, quattro come i Moschettieri del Re, con l’aggiunta di D’Artagnan: Franco, maggiore per età, alla pianola; Gegè, secondo a lui per nascita, al sax; Domenico, a seguire sempre per lo stesso motivo, alla chitarra; Antonio, ultimo della numerosa nidiata, alla batteria. Il gruppo era granitico, con oneri ed onori equamente distribuiti, in nome del cantante, sempre prodigo di sorrisi e atti di bontà, interprete esuberante e appassionato di motivi confezionati in famiglia. Proprio così! Fatti in casa, sotto l’egida del solerte Franco, la mente che coordinava tutto e tutti nel ruolo di primus inter pares.
Testi e musica andavano di pari passo. Nacquero così Gente di Fiumara, Avevo un cuore, Il tempo delle more, Ciao vita mia, E se ti voglio, La mia canzone, Meglio una sera, Una chitarra cento illusioni, in ordine sparso nella colonna sonora che merita di essere ascoltata ancora. Dai favolosi Anni ’60 in poi, partecipò a Castrocaro, Cantagiro, Festivalbar, Sanremo e Canzonissima. Mino gareggiò con Gianni Morandi, Claudio Villa, Massimo Ranieri, Lucio Dalla, Iva Zanicchi, ecc., ad armi pari sul piano canoro, sciupato in parte dall’atteggiamento volutamente avverso, per partito preso insomma, di certi critici, che adesso cercano di guadagnare le simpatie perdute presso il grande pubblico, con elogi osannanti fuori tempo massimo. Per loro stessi, intendiamoci, non per la gente comune, che ha sempre apprezzato i buoni sentimenti, la genuinità delle intenzioni e la tenacia dimostrata in quasi 50 anni di onorata carriera, senza interruzioni di sorta, perché Mino, quando non appariva in Italia, si esibiva in Australia, Canada, Stati Uniti e Sud America. Nel 2010 avrebbe festeggiato le nozze d’oro con la musica, traguardo invidiabile al quale pochi accedono nel mondo delle sette note. Il suo segreto? Aver fatto propria l’armonia del pentagramma. Nella sua generosità, offrì ad altri, brani fra i migliori della discografia italiana. Ornella Vanoni non si lasciò sfuggire un’occasione formidabile per la sua carriera. Ancora oggi, Una ragione di più è elemento cardine del repertorio di ogni suo concerto. C’è anche un altro pezzo che non conosce tramonto tra i più piccini: La sveglia birichina, vincitrice dello Zecchino d’oro.
L’orchestra diretta dal maestro Giuliano Cavicchi e composta da 12 elementi, propose l’anno scorso un programma di 22 motivi, cantati da una voce femminile ed una maschile, scelte nel panorama di ultima generazione: Micaela Foti, forte del successo conquistato nella trasmissione condotta da Antonella Clerici e intitolata Ti lascio una canzone; Tiziano Orecchio, terzo a Sanremo nel 2006, nella sezione Nuove proposte, con Preda innocente. Si farà ancora qualcosa per ricordare il cantante di casa nostra a livello di manifestazioni pubbliche e spettacoli canori? O si delega tutto alla memoria della gente di fiumara, che ha un cuore per cantare indipendentmente dal tempo delle more, con in mano una chitarra e cento illusioni?
Emma Viscomi

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