EXPO dell'AMORE a Belvedere Marittimo in nome di S. Valentino

Perché proprio là? Perché è nella ridente cittadina cosentina che si trovano alcune reliquie del Patrono universale degli innamorati. La scoperta delle ossa e dell’ampolla, contenente sangue del vescovo, decapitato il 14 febbraio del 273, è stata del tutto casuale. È toccato a padre Terenzio Mancina portare alla luce i preziosi reperti, nel 1969, durante la rimozione delle tele di san Francesco e di san Daniele dalla pala centrale dell’altare maggiore, nella Chiesa del Convento dei Cappuccini. I documenti che ne attestano l’autenticità, provengono dallo Stato pontificio e recano la data del 24 maggio 1700. Fu il cardinale Gaspare del Carpine, vescovo di Sabina, a consegnare al signor Valentino Cinelli, frammenti dei resti mortali del Santo, obbedendo alla volontà di papa Clemente XI. L’operazione fu eseguita in termini di conservazione e sicurezza: custodia in vetro, urne di legno, fiocco rosso e sigillo pontificio. Imprimatur necessario per impedire qualsiasi equivoco o manipolazione di immediata o futura programmazione. Altra data fondamentale nella straordinaria vicenda, è il 27 maggio del 1710; difatti, dieci anni dopo la singolare concessione, Francesco Cipollina diede a padre Samuele del Convento dei Cappuccini, il sangue e le ossa del Taumaturgo dei sentimenti, venerato da cristiani, ortodossi e anglicani.
In nome di san Valentino, Belvedere marittimo è definita “Città dell’amore”. Amore esteso,in senso lato, ad ogni forma di vita, arte, cultura, ambiente. È anche considerata “Cuore del Tirreno”. In omaggio agli innamorati e agli affari che ruotano intorno ad essi, nei giorni precedenti e seguenti la fatidica data, si organizzano incontri, sfilate e spettacoli, negli spazi espositivi della Fiera e sul lungomare. L’EXPO dell’AMORE fa capo all’Associazione Risorse Mediterranee, ed è un appuntamento frequentato da giovani coppie, futuri sposi e coniugi stagionati. Si sa che l’amore non ha età e non fa nulla se qualcuno non è d’accordo sul filo della storia e delle leggende riconducibili al santo onorato anche a Terni, come unico protettore riconosciuto dei cuori in fiamme.
La storia parla chiaro, con tanto di documenti inconfutabili. Il nostro santo nacque nel 176, a Interamna Nahars (Terni nell’antichità). Fu nominato vescovo a soli 21 anni e si diede da fare per convertire i pagani dell’impero romano. Cercò di fare opera di persuasione anche sull’imperatore Claudio II, che aveva altre cose da pensare nella sua follia e che comunque impedì che il giovane predicatore fosse ucciso, concedendo la grazia necessaria per sottrarlo al martirio. L’arresto decisivo arrivò sotto Aureliano. I suoi sicari, non potendo eseguire l’assassinio nel luogo della cattura, per paura di sollevare tumulti popolari, condussero il prelato fuori Roma. Arrivati al XLIII miglio della Via Flaminia, prima lo flagellarono e poi lo decapitarono, come fu attestato molti secoli dopo, in seguito all’apertura della bara. Nella cassa di piombo ritrovata nell’area cimiteriale poco distante dall’abitato di Terni, era custodita un’urna di marmo, liscia esternamente e con rilievi artistici internamente. In essa erano conservati bene testa e corpo del santo nettamente separati . Dell’esecutore materiale del delitto si conosce anche il nome: Furio Placidio. Si sa anche che nel luogo della sepoltura fu innalzata la Basilica esistente tuttora. La distribuzione delle ambite spoglie seguì sicuramente al controllo del corpo, che non avvenne per motivi di beatificazione. Valentino fu santo subito, per volere del pontefice. Le leggende che sorsero intorno alla sua figura, furono il derivato naturale dei suoi poteri taumaturgici, conosciuti e sperimentati prima ancora che arrivasse nell’aldilà. Tra le tante, ce ne sono quattro che vanno per la maggiore.
Ecco la prima. Un giorno, il futuro santo si trovò davanti due giovani che litigavano per ragioni a lui ignote. Mettendo da parte l’argomento, prese una rosa e disse loro di tenerla stretta tra le mani congiunte. Il contatto fu sufficiente a fare pace e l’armonia tornò a regnare sovrana.
La seconda ha per protagonisti i soliti fidanzati, pronti a beccarsi senza pietà. Il santo, che assiste alla scena, manda a volteggiare sulle teste dei due litiganti, uno stormo di piccioni, anche loro pronti a beccarsi ma in segno d’amore. I due, distratti dalla novità, si riavvicinano e prendono a tubare esattamente come i simpatici volatili. Non sappiamo se l’espressione “piccioncini” derivi dalla considerazione fatta da eventuali osservatori presenti o , perché no?, dal mite benefattore, autore della riconciliazione.
La terza ha consistenza storica, perché sposta la scena in ambienti cristiani e pagani: da una parte c’è una giovane convertita al Cristanesimo; dall’altra un centurione romano, naturalmente pagano. Lui si innamora di lei, ma non può sposarla. La differenza di culto è un ostacolo insormontabile. La ragazza si ammala. Ormai è in fin di vita quando viene chiamato al suo capezzale il vescovo ternano, il quale, in un sol colpo, realizza tre miracoli: battezza il centurione, restituisce alla vita la ragazza e finalmente celebra il matrimonio tra i due innamorati.
La quarta parla di Valentino, ormai in odore di santità e recluso in galera. Il carceriere ha una figlia cieca dalla nascita. La giovinetta spesso tiene compagnia al prigioniero, rassegnato, buono e gentile. Un bel giorno arriva la notizia della scarcerazione del “ divulgatore della buona novella”. Al momento del congedo, la giovane riacquista la vista e legge il biglietto che lui le ha scritto prima di andar via. L’ insolita dedica “dal tuo Valentino”, apre la strada a milioni e milioni di “valentine”, cioè di messaggi, a forma di cuore, oppure a cartoline illustrate con voli di gabbiani, mazzi di rose, labbra infuocate, eccetera, spediti in tutto il mondo, nel giorno che tutti, prima o poi, sperano di festeggiare con a fianco l’anima gemella.
Emma Viscomi

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