Passione e morte di Gesù a Davoli - Tradizione e cultura nel momento storico della "Pigghiata"

L’appuntamento è a Davoli, paese nel Parco naturale delle Serre, sul versante montuoso ionico, a 46 chilometri da Catanzaro con i fatti salienti che portano Gesù di Nazareth dall’Orto di Getsemani alla Collina del Golgota. L’evento è vissuto con interesse e partecipazione. Trama, scene, costumi, protagonisti e comprimari seguono direttive comuni ad allestimenti teatrali di spessore. L’impegno degli organizzatori è tangibile, come la commozione degli spettatori. La presenza degli stessi decreta il successo della “ Pigghiata”,curata nei minimi particolari. La tragedia è strutturata attorno alla figura di Gesù, interpretato da Vittorio Scicchitano. L’attore, bravo e convincente, passa dalla serena consapevolezza del primo atto, all’atteggiamento remissivo e di sofferenza dei successivi, impiantati sull’impresa dei soldati che lo catturano e la supponenza dei capi che lo condannano. Antonio Fragalita è Caifa, perentorio e inflessibile capo del Sinedrio. Più sottile ma non per questo meno decisivo, Antonio Corasaniti, Erode austero nella veste regale, con tanto di corona in testa e scettro in mano.

Mario Corasaniti, nella toga di Ponzio Pilato, rende bene l’idea del governatore incapace di sottrarre un innocente alla crocifissione, supplizio possibile solo per un non romano. “Il mio potere non si estende al culto dei Giudei”, proclama nella sintesi ultima della sua politica che lascia ai vinti libertà di culto. Alteri e convinti interpreti del loro potere sono Franco Corasaniti, Nicola Corasaniti e Antonio Paravati, primo, secondo e terzo sacerdote anziano. Giuseppe Procopio, Giuseppe Ruggiero e Mimmo Procopio sono investiti della carica di primo, secondo e terzo principe.

Non da meno è l’irriducibile Anna, sacerdote celato sotto lo chador, ed impersonato da Antonio Corasaniti. Ruolo di contorno hanno l’ancella Silvana Catarisano e i paggi Vittore Procopio, Alessio Corasaniti e Francesco Procopio. L’accanimento dei sommi pontefici è concretizzato nella flagellazione alla colonna. Mantello rosso, canna, in segno di comando, e corona di spine diventano prova indiscussa dello scherno rivolto all’ improbabile Re dei Giudei. La tensione sale lungo la via Crucis, presenti i personaggi storici, citati nei Vangeli: la Maddalena, prostituta redenta, ha il volto bellissimo di Maria Procopio,adorna dei gioielli del maestro Enzo Riverso; il Cireneo, che aiuta Gesù a portare la croce, è l’efficace Stefano Procopio; la Veronica, pietosa e piangente, è Maria Elena Corapi; l’Addolorata è interpretata da Assunta Vono, sostenuta da Giovanni, l’apostolo prediletto, avente le sembianze di Giuseppe Ranieri.

Prima di giungere alla fase finale, si passa attraverso sequenze molto importanti e significative. Cominciamo da quella introduttiva, davanti al Regno degli Inferi, dove si vede Lucifero, Pietro Cristofaro, recriminare su di sé e rimproverare i suoi accoliti, piccoli e grandi. Satana è il bravissimo Salvatore Gualtieri, truccato e vestito di nero, molto espressivo nel ruolo di angelo del male. Suo compagno di rovine è Astarotte, Francesco Ranieri. Con loro due, danno prova di moto perpetuo, i giovani diavoli Dario Procopio e Giuseppe Corapi. Satana e Asterotte attentano al libero arbitrio di Giuda, Salvatore Pittelli. Insieme gli fanno tradire il Maestro. Insieme guadagnano la sua anima di povero suicida, dannato per sempre. La voce narrante di padre Bernardino Gualtieri sintetizza episodi, raccorda momenti precedenti ai susseguenti, svolge funzione esplicativa e riflessiva. Monologhi e dialoghi attingono alle leggi del teatro classico, per solennità di espressione e rigore concettuale. L’effetto è sorprendente, immediato. Domanda e risposta arrivano a conclusioni che non accettano deroghe. L’esempio è in ogni frase. È palese anche nel silenzio di Gesù, consapevole del suo destino sin dalla prima ora, e terribilmente sofferente alla terza, già rinnegato da Simon Pietro, Giuseppe Procopio, il futuro pescatore di anime, fondatore della Chiesa cattolica.

“Grande è il tuo pentimento, grandissima è la ricompensa che avrai nel Regno dei Cieli”, è il messaggio d’amore e di perdono, lasciato al mondo intero dal Maestro che ha la colpa di essere innocente, come sostiene Erode nel tentativo di spiegare la funzione sovversiva, sociale e politica, attribuita al predicatore della Montagna delle Beatitudini.

Toccante è la scena dell’Angelo dell’Amore divino, Paola Procopio, che vuole strappare Giuda ai demoni persecutori. Con questi alla carica, la sfida tra bene e male non ha storia. A Satana e Astarotte non resta che impadronirsi del corpo dell’impiccato e portarlo all’Inferno perché bruci nel fuoco eterno. E mentre Gesù paga colpe non sue, Barabba, Pietro Arena, riacquista la libertà perduta. Nelle scene di massa, prevale il silenzio. Tacciono i legionari, in completo assetto militare, agli ordini di Longino, Leopoldo Sinopoli, sotto la corazza del centurione, convertito dal Figlio di Dio fatto uomo. Ai piedi di Gesù morente, egli pronuncia parole di fede e di speranza, insolite per un soldato, per di più pagano. Non parlano Barbieri Teresa, Antonella Zangari, Anna Maria Buonocore e Rosanna Malvaso, figure femminili presenti all’ingresso trionfale in Gerusalemme. Anna Maria Scicchitano è ai piedi della Croce sul Monte Calvario. Altre pie donne seguono la triste processione tenendo per mano bimbi agghindati da pargoli della Tribù di Davide. Il più piccolo è Mattia Gualtieri, due anni appena, rigoroso nella sua tunica rigata. Un po’ più grande, il fratello Pietro, serio e compunto accanto a Barbara Raimondo, sua madre anche nella vita. Giuseppe d’Arimatea ha il volto drammatico di Paolo Ranieri. I due ladroni sono: Domenico Gualtieri, il buon Disma a destra, e Nicola Gualtieri, il cattivo Cisma a sinistra di Gesù, al momento della Crocifissione, animata dai dialoghi evangelici, parola per parola. A questo punto,Vittorio Scicchitano presta efficacemente voce, volto e corpo a Cristo sofferente, confermandosi padrone della scena, da istrione consumato.

L’agonia provoca sgomento e turbamento. Tuoni in sottofondo accompagnano la tristezza del momento. La mente vola verso la realtà di duemila e passa anni fa, cogliendo l’eternità del terribile attimo fuggente ed ora perpetrato. Quando si giunge alla deposizione, un dolce dolore si impadronisce di protagonisti e spettatori. La disperazione scompare: tutto è compiuto. Lo sa bene Maria che accoglie in grembo il Figlio diletto e getta le basi ad opere di Pietà, nei secoli, di scultori e pittori. Sacro e profano si mescolano in cima al Calvario, tra angeli, Rosanna Pittelli e Angelica Viscomi, da una parte, e il soldato Marco, Fernando Procopio, dall’altra, impegnato a riscattare a dadi la tunica del povero Crocifisso. Una volta disposta il telo di lino, venerato come sacra Sindone, attorno al corpo del Nazareno, non resta che intraprendere la via del Santo Sepolcro. Il mesto corteo procede lentamente. Davanti al grosso macigno, pietra tombale per tre giorni, si ferma. Gli occhi versano lacrime abbondanti in attesa degli squilli di tromba per la gloria della domenica mattina. La Resurrezione non è ancora in atto ma è vicina.

Lo spettacolo vince e convince, con l’abile regia di Domenico Monterosso; la scenografia di Eugenio Pittelli, coadiuvato da Alfonso Corapi, Giuseppe Monterosso e Luciano Pittelli.; i costumi di Anna Raimondo, Anna Maria Procopio, Camillo Paravati, Irene Procopio, Tiziana Stizza, Anna Russomanno e Filomena Viscomi, guidati da Vittoria Monterosso, consulente storica. Tecnico dell’audio e curatore delle colonne sonore, è Gregorio Trombetta. Gli abili suonatori di tromba sono Evelino Ranieri e Vincenzo Gualtieri. I rulli di tamburo conoscono le mazze del percussionista Giuseppe Procopio. A Nella Ciaccio tocca il ruolo prezioso di suggeritrice attenta e tempestiva.

La consulenza religiosa è di don Pasquale Gentile mentre Pino Corapi cura grafica e regia del video commemorativo. Nulla è trascurato dell’iconografia classica evangelica: Gesù arriva in Gerusalemme, in sella a un somarello tra grida di osanna e agitazione di palme e ramoscelli di ulivo. La lavanda dei piedi è nel Cenacolo dove si consuma l’Ultima Cena. Anche lì appaiono Salvatore Gualtieri e Francesco Ranieri allo scopo di irretire Giuda, non ancora completamente calato nel ruolo di traditore. La vigilia della “Pigghiata”, cioè della cattura, è piena dell’angoscia di Cristo che implora il Padre di allontanare da lui, se è possibile, il calice della Passione.

Vicini a lui, gli Apostoli addormentati: Tommaso è Nicola Sinopoli; Michele Mongiardo, Giacomo; Matteo Crasà, Matteo; Giuseppe Corasaniti Andrea; Luca Cilurzo Giacomo II; Antonio Pitinzano, Filippo; Giuseppe Corasaniti, Taddeo; Antonio Battaglia, Simone Zelota. Giuseppe Procopio è Pietro, difensore del Maestro a spada tratta, la stessa con cui stacca l’orecchio al soldato malco, Fernando Procopio, reo di aver ammanettato Gesù. I processi nel Sinedrio e nei palazzi di Erode e di Pilato, sono pieni di contraddizioni di carattere sociale, religioso e politico. Quanta verità invece nelle parole dell’Angelo confortatore e dell’Angelo della speranza, Giulia e Clara Procopio. Quanta misericordia nel discorso del Messaggero del perdono, Valentina Procopio. Quanta forza nella testimone della fede, Chiara Corapi. La soddisfazione di aver realizzato l’opera di ampio respiro, degna di essere ricordata nel tempo, è di Vincenzo Cristofaro e dell’intero Comitato da lui presieduto. Applausi per tutti!

Emma Viscomi

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