L’evoluzione urbana ed architettonica nella comunità Arbëreshë di Caraffa

Ha avuto luogo il 28 dicembre a Caraffa il dibattito sulle emergenze architettoniche ed urbanistiche del centro del catanzarese.
Vi hanno preso parte, il sindaco del piccolo centro Antonio Migliazza, l’assessore comunale alla cultura Luigi Comi, il responsabile dell’U.T.C ., arch. Vito Migliazza e i Relatori arch. Rosario Chimirri, la prof. Cettina Mazzei e l’arch. arbëreshe Atanasio Pizzi.
Il tema è da considerarsi di importanza storica, infatti il dibattito ha rappresentato il segmento che chiude quell’ideale cerchio che avvolge tutte le pertinenze arbëreshe.
Per la prima volta si è posta l’accento su quel sistema di spazi, strade e abitazioni che hanno e consentono a tutti i popoli de mondo di esprimere se stessi e migliorarsi attraverso i canali della lingua della socializzazione dei costumi e delle arti.
È stato tracciato un itinerario logico-storico, in merito alle dimore albanofone, ritenendole di importanza essenziale poiché identificative rispetto le genti autoctone.
Si è trattato l’argomento gjitonia, avvolto sino ad oggi da una miriade di teoremi che non hanno mai avuto nulla a che spartire con il modus vivendi degli albanofoni.
Si è parlato dello stato di abbandono in cui versa il piccolo centro storico della Provincia del Catanzarese che rappresenta proprio per questo un tesoro di valore inestimabile.
Sono Stati identificati un numero considerevole di Katoi, nelle tipologie facilmente databili ai periodi sismici e pre sismici che hanno visto interessato il centro storico, sistemi di edificazione del primo, del secondo, del terzo periodo in oltre sono stati posti all’attenzione degli amministratori una serie di manufatti che possono dare un aiuto inestimabile a chi come me da anni si occupa di queste tematiche.
Durante il dibattito si sono delineate le direttive e le possibilità economiche che il piccolo centro potrebbe perseguire per mettere alla ribalta il patrimonio che sino ad oggi non è mai stato opportunamente valorizzato perché, a torto , ritenuto di importanza minoritaria.
Come i forni, i camini e i tanti oggetti di uso comune che vi sono contenuti e ricoperti da decenni di incuria, o il preziosissimo frantoio collocato proprio all’interno del perimetro storico che attende da anni di poter raccontare e segnare la storia economica di questo centro.
Caraffa di Catanzaro è stato, secondo le sequenze migratorie a tutte note, uno dei primi insediamenti di Calabria primato cui ne ha aggiunto un altro, quello di intuire che se oggi si parla una lingua e si scandiscono una miriade di tradizioni queste hanno ragione di essere, perché hanno avuto un sito dove crescere e continuare a rimanere vive nei contesti e nelle menti degli albanofoni.
Tutti i popoli con le loro architetture e i loro sistemi urbanistici hanno lasciato segni indelebili per essere identificati, mi chiedo perché sino ad oggi si è prevalentemente valorizzato altro nel mondo di arberia, non considerando il patrimoni edilizio come in altri territori italiani.
Interi centri storici albanofoni di provincie più fortunate sono divenuti dei luoghi ove esprimere valori e metodologie architettoniche che non ci appartengono, Caraffa può ritenersi fortunata per non aver seguito questa tendenza e comunque ha davanti a se una strada che ha l’opportunità di non scegliere e aggiungere così un nuovo primato, in altre parole quello di essere l’unico centro albanofono con tipologie edilizie recuperate adeguatamente e con rispetto, rendendole disponibili alle generazioni e alle gjitonie del futuro.
Arch. Atanasio Pizzi

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