Ciucci di Calabria
In Calabria durante le feste di paese vengono utilizzati diversi tipi di fantocci da corteo dalle forme animalesche. Colorati animali in cartapesta, stoffa o cartone, si conservano di anno in anno per essere riutilizzati e portati in processione nelle feste. Poi ci sono i simulacri di animali che a fine festeggiamenti vengono incendiati e quelli preparati in modo da funzionare come macchine sceniche esplodenti capaci di produrre giochi pirotecnici di luci, scintille e rumori assordanti. Alcuni di questi animali accompagnano il ballo dei giganti, altri vengono ballati a fine serata per chiudere la festa. Molto spesso nella nostra regione il ballo dei giganti è accompagnato dal ballo de lcameju, del ciucciu o del cavaju. Fantocci di cammelli, cavallucci o asini, ma anche d'elefanti, giraffe e dromedari, simbolici animali grotteschi che nel finale delle feste si esibiscono in un pirotecnico ballo di fuoco purificatore. Bruno Cimino nel suo volume Tropea perla del Tirreno scrive che "per ricordare la cacciata definitiva degli infedeli saraceni dal territorio di Tropea, durante la festa de i Tri da Cruci, si rappresenta una tra le figure più odiate dal popolo, quella dell'infedele turco quando in groppa ad un cammello girava per la città e per i casali con il compito di riscuotere le tasse. La singolare rievocazione si svolge con la cattura dell'usuraio, raffigurato da un fantoccio, che viene legato ad un cammello di legno imbottito di fuochi pirotecnici accesi per l'allegorico ballu d''u cameju. A Seminara, ci racconta Domenico Spinella, si esce anche con lo Scavuzzu, lo schiavetto, uno strano personaggio nero, un moretto in groppa ad un cammello. Lo Scavuzzu segue il corteo dei giganti che sono preceduti a loro volta da un fantoccio di un cavallo che apre il festoso corteo processionale.
I giganti, il cammello, lo Scavuzzu e il cavallo quando non vengono usati sono alloggiati presso l'antica chiesa di San Marco. Questi fantocci ricoperti di carta velina, di tessuto o nudi di canne legate, sono sempre ciucci, cammelli e cavallucci, simulacri d'animali arcaici che vengono costruiti per sfilare lungo le strade dei nostri paesi, da soli o con i giganti. Sono animali finti che simboleggiano goffi personaggi del periodo saraceno, l'ingresso dei normanni, il trionfale ingresso a Messina di Ruggero d'Altavilla, o semplicemente voraci belve che mangiano di tutto. Secondo alcuni racconti popolari il ballo si riferisce all'incendio delle navi musulmane ad opera della flotta cristiana nella Battaglia di Lepanto. Altre volte il fantoccio dell'animale viene bruciato e questa operazione ha dei riferimenti propiziatori, di protezione, con una funzione apotropaica: il fuoco purificatore chiude la festa e riporta la normalità del quotidiano vivere. I camejuzzi 'i focu sono costituiti da scheletri di canna lavorata e da listelli di legno, che vengono rivestiti di carta e successivamente abbelliti con carta velina di diversi colori. Alla complessa costruzione provvedono di solito sempre le stesse persone, fuochisti che tramandano a familiari le esperienze e le informazioni necessarie. Questi personaggi animaleschi sfilano la sera a conclusione della festa ed effettuano una coreografia che culmina con l'accensione dei fuochi pirotecnici. Un ballo infuocato per purificare il territorio dalle influenze negative, è questa la profonda simbologia di questo rituale di chiusura delle feste nei nostri paesi. La tradizione del camejuzzu 'i focu tende a sottolineare la funzione protettiva dalle negatività con il suo sopravvissuto rituale di esorcizzazione del nemico invasore turco. Per alcuni 'u camejuzzu 'i focu simboleggia proprio la cacciata dei musulmani che, per un certo periodo, dominarono alcune città della Calabria ed andavano a riscuotere i tributi a dorso dei loro cammelli. Comunque simboleggia in generale un senso liberatorio, di resistenza allo sfruttamento e alla prepotenza. Nel ballo infuocato viene allestito un cammello costruito in modo rudimentale con delle canne riempite di polvere da sparo e cariche esplosive e girandole esplodenti.Quando la festa si conclude un uomo si carica sulle spalle il cammello di canne ed inizia a ballare al ritmo frenetico dei tamburi. Il ballo si protrae per circa un quarto d'ora, o anche mezz'ora, tra fumo, spruzzi colorati di fiamme e scintille, scoppiettii di petardi e poi crepitii di botti in crescendo fino all'esplosione della girandola colorata posta all'altezza della coda. Il glottologo Michele De Luca, nel suo Dizionario comparato dei dialetti e delle tradizioni dellaCalabria, (in fase di allestimento), alla voce camijuzzu 'i focu scrive fra l'altro: (…) il cammellino di fuoco è il nome che si dà ad una festa popolare importata dalla vicina Tropea, in ricordo della cacciata dei saraceni da quella città. Il cammello ricorda un odioso esattore moro che, durante l'occupazione turca della città, soleva estorcere tributi ai cittadini in sella ad un cammello. Il cammellino di fuoco, fatto con una intelaiatura di canne e addobbato da numerosi fuochi d'artificio, sapientemente predisposti in modo da non ferire la persona che lo indossa sulle proprie spalle, viene lentamente fatto bruciare seguendo un cerimoniale preciso. Al ritmo dei tamburi il cammello si muove e si agita, guidato ad arte dal cammellaio, mentre girandole e fuochi d'artificio esplodono tutt'intorno. La manifestazione è di efficacia spettacolarità, in relazione soprattutto al grande coraggio del cammellaio che in tale incarico non è scevro da grossi rischi, essendo a contatto diretto con polvere pirica che esplode tutt'intorno. A Pardesca, nel reggino jonico, la festa si fa utilizzando non un cammellino, ma un cavalluccio. Così descrive Francesco Marrapodi nel volume Nella terra del sole…, Soveria Mannelli, Calabria Letteraria editrice, 1999: "La danza del cavalluccio è un qualcosa di peculiare da queste parti, molto diffuso e molto richiesto; ma attenzione! per quanto diffuso sia, è altrettanto insicuro e pericoloso (almeno per chi lo esegue). Innanzi tutto richiede gente esperta e preparata. Per capire meglio la situazione, dobbiamo retrocedere di qualche giorno; dove in un apposito laboratorio viene preparato, con l'uso di canne e legno, un cavalluccio pressappoco delle dimensioni naturali.
Decorato con carta colorata, viene infine cosparso di botti, petardi, bengala ecc. ecc. ora l'uomo addetto alla danza dopo essersi posto sulla testa un fazzoletto inzuppato d'acqua, in modo da non procurarsi scottature, dovrà collocarsi il cavalluccio sulle spalle. E, dopo aver acceso la miccia, che farà partire le mille botte e le tante scintille, quest'uomo dovrà esibirsi in un mare di danze e balli".
I giganti, il cammello, lo Scavuzzu e il cavallo quando non vengono usati sono alloggiati presso l'antica chiesa di San Marco. Questi fantocci ricoperti di carta velina, di tessuto o nudi di canne legate, sono sempre ciucci, cammelli e cavallucci, simulacri d'animali arcaici che vengono costruiti per sfilare lungo le strade dei nostri paesi, da soli o con i giganti. Sono animali finti che simboleggiano goffi personaggi del periodo saraceno, l'ingresso dei normanni, il trionfale ingresso a Messina di Ruggero d'Altavilla, o semplicemente voraci belve che mangiano di tutto. Secondo alcuni racconti popolari il ballo si riferisce all'incendio delle navi musulmane ad opera della flotta cristiana nella Battaglia di Lepanto. Altre volte il fantoccio dell'animale viene bruciato e questa operazione ha dei riferimenti propiziatori, di protezione, con una funzione apotropaica: il fuoco purificatore chiude la festa e riporta la normalità del quotidiano vivere. I camejuzzi 'i focu sono costituiti da scheletri di canna lavorata e da listelli di legno, che vengono rivestiti di carta e successivamente abbelliti con carta velina di diversi colori. Alla complessa costruzione provvedono di solito sempre le stesse persone, fuochisti che tramandano a familiari le esperienze e le informazioni necessarie. Questi personaggi animaleschi sfilano la sera a conclusione della festa ed effettuano una coreografia che culmina con l'accensione dei fuochi pirotecnici. Un ballo infuocato per purificare il territorio dalle influenze negative, è questa la profonda simbologia di questo rituale di chiusura delle feste nei nostri paesi. La tradizione del camejuzzu 'i focu tende a sottolineare la funzione protettiva dalle negatività con il suo sopravvissuto rituale di esorcizzazione del nemico invasore turco. Per alcuni 'u camejuzzu 'i focu simboleggia proprio la cacciata dei musulmani che, per un certo periodo, dominarono alcune città della Calabria ed andavano a riscuotere i tributi a dorso dei loro cammelli. Comunque simboleggia in generale un senso liberatorio, di resistenza allo sfruttamento e alla prepotenza. Nel ballo infuocato viene allestito un cammello costruito in modo rudimentale con delle canne riempite di polvere da sparo e cariche esplosive e girandole esplodenti.Quando la festa si conclude un uomo si carica sulle spalle il cammello di canne ed inizia a ballare al ritmo frenetico dei tamburi. Il ballo si protrae per circa un quarto d'ora, o anche mezz'ora, tra fumo, spruzzi colorati di fiamme e scintille, scoppiettii di petardi e poi crepitii di botti in crescendo fino all'esplosione della girandola colorata posta all'altezza della coda. Il glottologo Michele De Luca, nel suo Dizionario comparato dei dialetti e delle tradizioni dellaCalabria, (in fase di allestimento), alla voce camijuzzu 'i focu scrive fra l'altro: (…) il cammellino di fuoco è il nome che si dà ad una festa popolare importata dalla vicina Tropea, in ricordo della cacciata dei saraceni da quella città. Il cammello ricorda un odioso esattore moro che, durante l'occupazione turca della città, soleva estorcere tributi ai cittadini in sella ad un cammello. Il cammellino di fuoco, fatto con una intelaiatura di canne e addobbato da numerosi fuochi d'artificio, sapientemente predisposti in modo da non ferire la persona che lo indossa sulle proprie spalle, viene lentamente fatto bruciare seguendo un cerimoniale preciso. Al ritmo dei tamburi il cammello si muove e si agita, guidato ad arte dal cammellaio, mentre girandole e fuochi d'artificio esplodono tutt'intorno. La manifestazione è di efficacia spettacolarità, in relazione soprattutto al grande coraggio del cammellaio che in tale incarico non è scevro da grossi rischi, essendo a contatto diretto con polvere pirica che esplode tutt'intorno. A Pardesca, nel reggino jonico, la festa si fa utilizzando non un cammellino, ma un cavalluccio. Così descrive Francesco Marrapodi nel volume Nella terra del sole…, Soveria Mannelli, Calabria Letteraria editrice, 1999: "La danza del cavalluccio è un qualcosa di peculiare da queste parti, molto diffuso e molto richiesto; ma attenzione! per quanto diffuso sia, è altrettanto insicuro e pericoloso (almeno per chi lo esegue). Innanzi tutto richiede gente esperta e preparata. Per capire meglio la situazione, dobbiamo retrocedere di qualche giorno; dove in un apposito laboratorio viene preparato, con l'uso di canne e legno, un cavalluccio pressappoco delle dimensioni naturali.
Decorato con carta colorata, viene infine cosparso di botti, petardi, bengala ecc. ecc. ora l'uomo addetto alla danza dopo essersi posto sulla testa un fazzoletto inzuppato d'acqua, in modo da non procurarsi scottature, dovrà collocarsi il cavalluccio sulle spalle. E, dopo aver acceso la miccia, che farà partire le mille botte e le tante scintille, quest'uomo dovrà esibirsi in un mare di danze e balli".
Franco Vallone
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