La storia letteraria albanofona e Santa Sofia

La storia linguistico-letteraria della minoranza albanofona contiene caratteristiche uniche, rispetto alle altre.
Il rapporto con quelle presenti in Albania é di rilevante contributo alla nascita della lingua scritta e della letteratura albanese.
Gli arbëreshë hanno mantenuto e mantengono fortemente l’ideale legame con la lingua e i propri costumi tradizionali.

“É ella una vana curiosità l'indagar le origini delle Nazioni? è ella un'erudizione superflua il saper l'indole ed i costumi de' vari popoli della terra dubitare dell'utilità di simili occupazioni è camminare a gran passi verso la barbarie.
Difatti lo studio migliore, che sull'uomo far si possa, non è che nell' esame de' suoi costumi.
Ma se questi sono propri, o alieni, è degna considerazione di colui che con criterio ragiona: ciò ch'è alieno non fa il carattere dell' uomo, essendo l'animale il più attaccato all’imitazione; ma ciò eh' è proprio fa formare la vera idea dello sviluppo delle facoltà di lui.”

Il sentimento di appartenenza ad una comunità linguistica é stata cementata prima di ogni altra cosa dalla comunanza religiosa.
La tradizione linguistico-letteraria arbëreshë prima si divincola per poi intrecciarsi con la storia della lingua albanese di cui conserva gelosamente l’antica matrice.
Non esiste un rapporto gerarchico tra la lingua parlata dalle popolazioni arbëreshë e quella d’uso corrente in Albania pur avendo la stessa origine.
Più che di un rapporto tra esse, si deve parlare di lungue parallela e paritaria, che sviluppano diversamente perchè divise per un lungo periodo, caratterizzate dagli aspetti particolari di luogo, organizzazione sociale ed economico-giuridica.
La letteratura arbëreshe si sviluppa nel XVI secolo con la traduzione dall'italiano all’albanese della Dottrina Cristiana del gesuita Ladesma.
Dal secolo XVII al XVIII si osserva un decadimento della vita culturale e intellettuale nelle comunità arbëreshe, che ritornano agli antichi albori per merito degli ecclesiali, i quali cominciano ad interessarsi della storia della madrepatria, annotando dati, fatti, testimonianze del folklore e delle tradizioni, compresi usi e costumi.
Altro fenomeno rilevante è il fiorire di una poesia popolare nella forma religiosa che pur avendo poca pretesa artistica, divenne molto diffusa al punto di essere guida fondamentale.
La storia secolare della presenza arbëreshë nell’Italia meridionale ( minoranza etnica più numerosa) ha avuto un significativo punto di riferimento dal 1733 nel Collegio di San Benedetto Ullano, realizzato su proposta dei Rodotà e disposto dal papa Clemente XII del Casato dei Corsini.
Va segnalato l'apporto dato alla formazione letteraria arbëreshe dal Collegio Corsini trasferitosi nella nuova sede di Sant’Adriano a San Demetrio Corone nel 1794, ove però le genti residenti non compresero repentinamente la reale funzione, al punto che fu più volte depredato e incendiato.
I deus ex machina di questo progetto lungimirante fu Pasquale Baffi affiancato dagli esecutori materiali, Francesco Bugliari Vescovo da Santa Sofia d’Epiro e Domenico Bellusci Vescovo da Frascineto, tutti ispirati dall'azione di rinnovamento culturale e istituzionale intrapreso dagli ambienti inteltettuali partenopei di cui il Baffi ha rappresentato la massima espressione culturalesino al 1799, anno del suo martirio.
L’illustre studioso lasciò agli arbëreshë l’eredità di una posizione privilegiata nei movimenti politico-risorgimentali d’Italia di cui i degni prosecutori furono Pasquale Scura, Luigi Giura, Domenico Mauro, Agesilao Milano, Attanasio Dramis e Francesco Crispi.
Pasquale Baffi, ka Sën Sofia, uomo determinante, fece emergere la giovane letteratura italo-albanese dai ristretti ambiti della provincia, inserendola nel più vasto circuito europeo, le cui premesse consentirono di edificare, completandolo il percorso intellettuale a letterati come: Girolamo De Rada, Francesco Antonio Santori, Vincenzo Dorsa, Angelo Basile, Giuseppe Serembe, Luigi Petrassi, Vincenzo Stratigò, Giuseppe Angelo Nociti, Antonio Argondizza, Bernardo Bilotta, Demetrio Chidichimo, Pietro Camodeca de Coronei, Giuseppe De Rada, Agostino Ribecco, Salvatore Braile, Cosmo Serembe, Orazio Capparelli, Domenico Antonio Marchese, Michele Marchianò, tutti formatisi nella Scuola di Sant'Adriano; luogo culturalmente strategico evolutosi secondo i canoni e il pensiero del Sofiota, grazie al quale si è trovata la giusta ispirazione per offrire alla cultura albanofona valide certezze.
Arch. Atanasio Pizzi

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